giovedì 26 luglio 2012

In cui rimanete con il fiato sospeso.


Me ne sto qui, sul divano, mangiando i biscotti davvero, ma davvero bruciati, di Rodrigo e rimproverandomi perché non sto più scrivendo.. In attesa del messaggio di Helena, che mi dirà dove dovrò lavorare domani.. 

Helena? Lavorare? …Riavvolgiamo il nastro!


<<…Ed è di nuovo il giorno del colloquio, Mi incontro con Laura di fronte al Club, lei torna da una lezione di Pole Dance in cui è stata con le altre girls. Due ragazze con abiti rossi alla Jessica Rabbit sono alla porta, a dispensare volantini ai pochi passanti. Nonostante il Club sia in pieno centro, la via è un po’ appartata e non c’è molto passaggio. 

Una volta entrata scambio due parole con le coordinatrici del club e con il direttore. Insomma, mi chiedono se sono disposta a fare un giorno di prova immediatamente, se mi interessa vedere come funziona il locale…>> 

Kristine propone una pausa spinello.. Ha in mano una canna già preparata. Sto scrivendo, non devo andare.. Ma Sean si alza, Raimundo lo segue.. Ed io non so dire di no. Scendo poco dopo di loro, non sono al solito posto. L’odore robusto di fumo, appena entro nel giardino. Mi accorgo che sono seduti in cerchio, sotto la scala. Prendo a sedere e Kristine inizia a sputare nel suo cappuccino. E cercare di ripescare lo sputo con una forchetta. Raimundo le chiede se può averne un sorso. Scoppiamo a ridere e mentre rido mi accorgo che ho già la mia canna in mano, grazie alla quale sto ridendo più di gusto. Riflettiamo sul fatto che se Kristine tornasse a lavorare per Helena saremo i personaggi perfetti per una nuova serie di Misfits. 
Torno su, rinizio a scrivere.. faccio fatica a mantenere il senso del discorso. Quando rileggo mi perdo.. Ok non dovevo fumare. E’ maledettamente più difficile scrivere adesso. 

<< mi chiedono se voglio vedere come funziona il locale. Ed io acconsento. Mi portano nello spogliatoio dove mi chiedono se sono disposta ad indossare uno di quei vestiti alla Jessica Rabbit, versione nera. Io acconsento, dopotutto non è tanto più nudo degli abiti che porto normalmente. Ha un largo spacco sulla coscia ed una profonda scollatura. Ma non mi dispiace. Lo indosso, mi sta bene e sono molto bella. Torno nella sala principale, dove altre ragazze, di tutte le forme e dimensioni, indossano il mio stesso abito e sono sparse in gruppetti a chiacchierare. Subito la mia guida mi viene a recuperare e mi porta in una stanzetta dove inizia a spiegarmi come funziona il lavoro della Dancer, mi legge le condizioni di lavoro e mi fa firmare alcune carte. Poi mi chiede di scegliere un nickname con cui farmi chiamare all’interno del Club. Dopo aver provato con Sara, Nelum ed Anna ripiego su Nancy, che alla fine viene accettato. Da quel momento sono per tutti Nancy. La mia tutor mi presenta un'altra ragazza. Insieme andiamo in un’altra stanza, più appartata, dove le due iniziano a farmi una lezione di Lap Dance.. con prove pratiche sul mio corpo. Io rimango un po’ impietrita. Anche perché la ragazza che cerca di salirmi a dosso e tre volte più pesante di me, quindi.. si, sono un po’ impietrita. 
Dopo la mia interessante quanto assurda lezioncina torniamo nella sala principale, dove sono iniziati ad entrare alcuni uomini, tutti over sessanta. Non mi avvicino a nessuno di loro, inizio a parlare con una brasiliana che è al suo secondo giorno. Gli chiedo se ha già sperimentato la Lap Dance e lei risponde che la sera prima ha incassato più di 300 dollari con 5 Lap Dance. Le chiedo che effetto le abbia fatto e lei risponde: strano. Poi si allontana per parlare con qualche cliente. La guardo mentre cammina un po’ sbilenca su tacchi troppo alti. Ha comunque il suo fascino. Vado dalla bar tender, molto antipatica e le chiedo un da bere. Torno a sedermi sorseggiando vino bianco. Le ragazze a turno salgono sul palco ballare. Il primo ballo vestite, il secondo in mutande, il terzo completamente nude. Dopo una mezza dozzina di ballerine, con il mio bicchiere ormai vuoto, e senza aver parlato con nessun viscido vecchio, torno dalla coordinatrice, comunicandole che non sono affatto interessata a fare la Dancer e se cortesemente può farmi sapere se c’è qualche altro tipo di lavoro disponibile. Lei mi dice di riconsegnare il mio vestito e che l’indomani mi darà notizie. 
Mi cambio, esco, controllo il cellulare. Decine di messaggi . E’ Laura che vuole sapere che fine ho fatto. Le comunico che sto bene e che tra poco sarò a casa. 
Quando arrivo lei è sul divano con Kristen. Le racconto come è andata la serata e lei mi spiega che è la prassi del locale. Chiedono a tutte se vogliono fare le Dancer. Mi suggerisce di aspettare il giorno dopo, che probabilmente mi faranno provare gli altri lavori. >>

E’ maledettamente tardi. Mi rendo conto solo ora, di aver avuto da Helena la conferma che domani dovrò lavorare. Non ho ancora preparato il mio pranzo.. ne la colazione.. Ok, devo proprio andare.. Domani sarà una giornata lunga. E la mia sveglia suonerà davvero molto presto.

lunedì 23 luglio 2012

In cui BlueTongue Backpackers diventa la mia casa.

Ogni weekend c’è un mercato diverso a South Bank. Questa domenica è il turno del Mercato delle Spezie. Andiamo io Raimundo e Kristen, ad ingozzarci con gli assaggi gratuiti, facendo un miscuglio di marmellate al chilly, vino, olii alle erbe.. e tanto altro ancora, mangiando senza alcun ordine preciso.. e finendo tragicamente con il mal di pancia.
E intanto trascorrono i giorni e si inizia a creare una naturale, quotidiana, routine.
L’ostello, che da ora in avanti chiamerò casa, perché di casa ha tutte le fondamenta.. si sta trasformando in un pacifico e confortevole nido. Ora che il palestrato ha tolto le tende, siamo rimasti in pochi intimi e affiatati.
Kristine è l’anima della festa. Usa sempre le pentole al posto dei bicchieri: sia quando beve Goon, che latte caldo, che zuppa di pomodoro, tutto rigorosamente con la cannuccia.. E a me ricorda tanto la protagonista di qualche serie televisiva alla Cougar Town.
Sean e Raimundo, sono i miei compagni di stanza, entrambi, al momento, lavorano per la stessa impresa di pulizie.
Raimundo è un tipo allegro e solare, che condivide volentieri le sue cose e il suo buon umore.
Sean è più riservato, di Manchester.. In qualche modo, molto, molto alla lontana, mi ricorda Edward Norton. Quando non lavora è sempre a giocare a carte in giardino, con una pipetta d’erba, mangiando pizza o pasta, stracolma di formaggio.
Io Raimundo e Kristine ci uniamo a lui a rotazione o a volte tutti insieme.. e spesso finisce che veniamo risucchiati nel vortice.
Con l’arrivo di Josè, l’ex ragazzo di Rodrigo, sento di aver ritrovato una parte di me. Siamo molto simili per carattere e stile di vita. Lui gira con libri di Osho nella borsa, come me è vegetariano, come me mangia solo organic food, come me ha un eccellente gusto in fatto di vestiti.. E come me combina casini a cui talvolta non può trovare una soluzione. Direi che Josè è la mia versione latina (from Chile).
Ora è via per qualche giorno nella Gold Coast, per dare a Rodrigo un po’ di spazio per riflettere, ma mi ha lasciato le sue chiavi così, quando ho voglia di dormire un po’ da sola, vado nella sua stanza.
Josè e Raimundo non sono gli unici a prendersi cura di me. Laure con l’arrivo del mio ciclo, ha passato quasi un’ora facendo Reiki (trasmettendo calore con le sue mani sul mio corpo, per cercare di farmi stare meglio). In più mi presta sempre i trucchi quando devo fare colloqui e talvolta mi offre anche il tea.
Laura invece si preoccupa della mia salute in maniera meno pragmatica, ma ugualmente apprezzata. Oggi mi accompagnerà a fare un colloquio nel suo club in cui, al momento, sono in cerca di promoter. In più si è anche offerta di prestarmi i soldi per le spese dentistiche, Io ovviamente non ho potuto accettare, ma sono felice che mi aiuti con il lavoro.
Il nostro amico Alberto l’Opossum, ha finalmente deciso di lasciare la cucina, dove è rimasto a dormire (e mangiare i miei avanzi) per qualche giorno. Sentiamo un po’ la sua mancanza.. non tanto José a cui ha trafugato gran parte della spesa.

giovedì 19 luglio 2012

..in cui vado a Brisbane.


L’ultimo porridge, l’ultimo scambio di sorrisi. Poi saluto i cagnolini, per ognuno ho qualche parola di addio. Ci incamminiamo per la lunga traversata della tenuta; saluto con lo sguardo la casa, i canguri e i cavalli, che nella notte sembrano essersi moltiplicati: ora ne conto altri cinque in liberta. E arriva il momento degli addii, di nuovo. 
Aspetto per qualche minuto il mio pullman da sola. Quando arriva ci sono solo altri due passeggeri costretti ad affrontare con me l’interminabile viaggio. 


Durante l’arco della giornata l’auto si continua a riempire, fino ad arrivare alla sera che non ci sono più posti vuoti a sedere. Alle undici del giorno dopo sono finalmente a Brisbane. 
Non ho subito una buona impressione, perché il viaggio di ventidue ore, dopo una cavalcata che ha reso decisamente doloroso il mio fondoschiena, con di fianco l’ennesima cicciona che rende impossibile ogni movimento (è evidente che c’è qualche problema di obesità qui in Australia).. Dicevo il viaggio mi ha sfiancata e resa più vulnerabile. In più ho deciso di arrivare fino in ostello a piedi.. ma solo quando inizio a percorrere la strada capisco di non aver avuto una grande idea, perchè la mia valigia è veramente pesante e ci sono molte strade in salita.
Comunque riesco a trascinarmi fino all’ostello, madida di sudore e con ancora la puzza dell’Out Back indosso. Mi faccio aiutare dal proprietario, neozelandese, a salire la valigia. Non posso affrontare la scalinata in queste condizioni. Dopo le prime parole con lui e la sua compagna francese, capisco subito che la cortesia non è di casa da queste parti. Cerco di fare ironia sui miei denti rotti, chiedendo se hanno qualche lavoretto da fare in ostello, perchè devo risparmiare per le spese dentistiche.. ma mi trovo davanti due pezzi di pietra senza vita.
Ok, entro in camera, c’è un tipo grosso e palestrato che alza subito la voce perché non chiudo immediatamente la porta. Davvero non ho una bella impressione! Provo a raccontargli la mia storia, ma non mi guarda nemmeno in faccia e non posso mostrargli i miei denti rotti. Ok un altro coinquilino odioso. La storia si ripete. 
Faccio una rapida doccia e butto i panni sporchi in lavatrice (che qui costa 3 dollari, comprensivi di asciugatrice). Poi esco. 


Sono in una strada tranquilla, ma in cinque minuti a piedi arrivo a Fortitude Valley e China Town, che tra le poche informazioni che a fatica sono riuscita ad estorcere alla gelida proprietaria dell’ostello, sembra essere un posto molto cheap per mangiare qualcosa. A me sembrano i soliti prezzi.. ma comunque il posto è carino. 
Quando torno in ostello la sala comune si è riempita e piano piano inizio a fare conoscenza. Conosco Cristine, una ragazza canadese, che passa molto tempo a commentare trasmissioni televisive; Laura e Laure, due ragazze francesi, che sono simpatiche e gentili; Alex, che sarebbe il ragazzo di una di loro; Steven, che è australiano, di Perth e mi racconta tutta la sua vita, Rodrigo, un ragazzo del chile, che fa il massaggiatore ed è vegetariano. E alla fine conosco anche Raimundo, il mio secondo compagno di stanza, anche lui del Chile e molto più alla mano del tipo tutto muscoli. 
Mi piace la vita nell’ostello, anche se sono amareggiata dalla mancanza di wifii.. Ho ricominciato a cucinare succulenti prelibatezze ogni giorno e a vestirmi in maniera carina. Brisbane ha davvero un clima fantastico ed ora posso sfoggiare tutti quei vestiti che a Melbourne ero costretta a tenere chiusi in valigia. Sento di aver bisogno di calma e stabilità. Di crearmi una piccola routine quotidiana e Brisbane sembra proprio il posto giusto per questo. Ogni giorno scopro una piccola parte della città e mi avventuro un po’ più lontano, scoprendo il City Botanic Garden, la City, South Bank con le sue iguana nei giardini.. 
Inizio a pensare ad un modo per fare soldi in fretta, in ostello Laura, la ragazza francese che lavora in un Night Club, mi consiglia di cercare lavoro come waitress. Le paghe sono ottime e anche con pochi turni a settimana riesci a mettere da parte un bel po’ di soldi. Mi suggerisce un Club, in cui lavorava una sua amica, che ha lasciato di recente la città. Io scrivo una mail, dicendo che sono interessata a lavorare come cameriera e dopo pochi minuti ricevo già la mail di risposta, che dice di presentarmi lì, alle cinque di mercoledì.. E sento già il profumo dei soldi! 
Alla fine mercoledì arriva ed io mi presento. Sono molto agitata quando entro nel locale, dove sono accolta da due ragazze platinate, in topless con delle tette di silicone giganti e decisamente poco realistiche, che subito mi comunicano che stanno cercando solo stripper.. Ok, saluto e me ne vado.. E questo è tutto. Ed ad ogni passo in cui mi allontano da quello squallido posto mi sento un po’ più sollevata. 

Anche se non ho un lavoro trovo un risvolto positivo. Sono sempre portata a pensare che la cosa spiacevole che mi è successa ora sarà indispensabile per far accadere qualcosa di positivo in futuro. E quando anche quel qualcosa è brutto, io aspetto in silenzio. Convinta che domani succederà, finalmente succederà, quello che deve accadere. Dopotutto non è tutto perduto.. 
Anche perché tornando a casa vengo fermata da un ragazzo davvero, davvero carino.. che fa parte di una qualche associazione che cerca adepti per importunare la gente per strada. Io ci parlo cercando di resistere ai suoi ipnotici occhi verdi..ha davvero uno sguardo profondo. Alla fine mi spiega come fare per fissare un colloquio. Io cerco di congedarlo, più in fretta possibile, anche se il tempo va a rallentatore. E lui mi dice che mi lascia andare via solo se gli do un bacio. Ok questo è davvero troppo. Si avvicina per baciarmi, io gli porgo la mia guancia, salutandolo con i due baci all’italiana.. e mi allontano più in fretta che posso.. e questa volta non posso dirmi davvero sollevata.

venerdì 13 luglio 2012

In cui.... Out Back

8 LUGLIO.
Non parlerò della mia ultima giornata a Townsville ne del mio viaggio per arrivare a Julia Creek. Perché in questo momento sono qui e ora, senza telefono, senza internet, senza nessuno..
Scendo dall’autobus ed un signore, vecchio, con degli occhi azzurri come il ghiaccio ed una barba da Amish sta lì che scruta l’unica altra ragazza che è scesa nella mia stessa fermata.
Mi avvicino e mi presento. Sono chi stava cercando.
Scambiamo alcune parole, poi monto sul suo furgone. Altre poche parole in macchina da cui vengo a sapere che vive solo. Ok.. no panic.
Iniziamo la lunga strada verso la tenuta Delacourt, a 60km da Julia Creek.
Davanti a noi una distesa infinita di arido prato, sulla strada carcasse di canguro. Inizio a pensare che J. sia un assassino di canguri.. Comincio a studiarlo, è taciturno e di poche parole.
I miei pensieri sono tutti tipo: Avrei scampo contro di lui? Potrei ucciderlo io per prima, cogliendolo di sorpresa.. ma così senza un movente?! Spero mia madre avrà indietro i pezzi.
Lui mi dice che in qualche giorno arriverà anche una ragazza tedesca... Io ci spero.
Dopo kilometri di strada arriviamo ad attraversare la tenuta. Decine di canguri iniziano a saltellare via, spaventati dal rumoroso mezzo. Il panorama è fantastico, lo ammetto. Strani uccelli di tutte le dimensioni prendono il volo al nostro passaggio.
Arriviamo alla farm e J. scende a slegare un dolce cagnolino marrone, tutto scodinzolii e feste. Ok, sembra "buono" con gli animali..
Entriamo in casa, è una baracca. Mi ricorda un po’ per l’odore (di naftalina) la casa dei nonni di Gianmaria, versione Safari. C’è polvere ovunque, ragnatele inquietanti ricoprono le pareti, ci sono ragni di ogni tipo, certi davvero grandi e impressionanti.
J. mi fa vedere il mio letto, in una grande stanza con pelli di mucca sul pavimento, enormi finestre barricate da persiane, e tre grandi portali chiusi da tendaggi (le porte di vetro sono lasciate aperte).
Arriva in cucina e prende un grande atlante, inizia a cercare l’Italia e vuole che gli mostri da dove vengo.
E’ gentile, ma mi fa comunque paura.
Oddio.. è c’è davvero una di quelle musiche che Tarantino sceglierebbe durante l’omicidio più splatter.
Entro in bagno, non l’ho fatta per tutto il viaggio di otto ore.. C’è un odore pungente, credo che l’acqua dello scarico venga riciclata, perché anche dopo aver pulito con il disinfettante e scaricato, l’odore rimane.
Mentre disfo le mie cose mi accorgo che il mio telefono non prende, questo non l’avevo davvero calcolato. E mi manda fottutamente nel panico.
Gli chiedo se mi fa mandare una mail a mia madre. Lui bofonchia qualcosa, dopo pochi minuti mi dice che esce.
Io sono qui.. Non mi sono mai sentita così sola e così lontana come adesso, senza internet e senza rete telefonica. Sto per avere una crisi di panico. Il nulla non mi spaventa, il lavoro duro non mi spaventa, ma non posso davvero stare senza sentire Gianma, mia madre..
Dopo un oretta J. torna e prepara la cena, io gli chiedo nuovamente di poter inviare una mail, mi fa capire che la connessione è molto costosa qui, e che quindi sarà solo per questa volta.
Ok, la mail.. entro su facebook, è più veloce, ci impiego meno a trovare il destinatario.
Scrivo la stessa mail a Gianmaria e alla mamma. Gli scrivo che gli amo, che non ho possibilità di usare il telefono, che J. non sembra volermi uccidere, ma che sono qui sola con lui. Gli scrivo che tra qualche giorno dovrebbe arrivare una ragazza tedesca.
Poi disconnetto, spengo il computer.
A cena qualche altro tentativo di conversazione. Davanti a noi un piatto di verdura al vapore, un pezzo di zucca, uno di patata, un pezzo di broccolo ed una carota.. e due grosse salsicce.
Proprio non mi passa nella mente di dire che sono vegetariana. Inizio mangiando le verdure, sono gustose, anche se senza condimento; ce ne sono svariati sul tavolo, ma non mi arrischio a provarli, giusto una spolveratina di pepe. Piano piano mi faccio coraggio ed assaggio le salsicce. Non sono schifose come quelle scozzesi. Consumo il mio pasto, lavo i piatti e mi ritiro in camera.
Prendo sonno velocemente, nonostante la radio molto alta, che è davvero fastidiosa; ma i miei sogni sono abbastanza inquietant. Mi sveglio svariate volte nella notte, di J. non c’è traccia. Quando riprendo sonno i miei sogni sono più tranquilli.

9 LUGLIO.
Mi alzo poco prima del suono della sveglia. Quando J. accende la luce e va in cuicina, capisco che è il momento di iniziare a prepararmi.
Rimetto gli stessi vestiti del giorno prima. So che ci sarà da sporcarsi oggi.
Vado in bagno e vedo dalla finestra tre cavalli che si dirigono pacatamente verso casa. Sono lasciati liberi nel Ranch, ma ogni mattina ritornano a casa. La loro apparizione mi fa sorridere.
Mi dirigo in cucina dove do il buon giorno a J. Facciamo colazione con del tea e del porridge. Ci metto un po’ di  cannella per insaporirlo. Ne prendo solo mezza tazza, J. si riversa i miei avanzi.
Al mattino ha un viso ancora più inquietante, un po’ rosso ed è ancora più taciturno.
Dopo colazione lo seguo fuori, conduce i cavalli in un recinto. Proprio davanti il recinto il mio telefono squilla, come se avessi ricevuto un messaggio di What’s up! Mi affretto a prenderlo. Segna una tacca, provo a scrivere velocemente a Gianmaria, ma il segnale sparisce di nuovo. Ok, ci avevo sperato. Cerco il messaggio ricevuto ma niente. Ok sto diventando pazza.
J. inizia a spalare sterco di cavallo. Io mi affretto a prendere il suo posto, all’inizio è faticoso, ma poi capisco il meccanismo e ci prendo la mano.
I tre cavalli sono lì di fronte a me che fanno colazione. Passo una mezz’ora a pulire tutto per bene, poi J. torna su un trattore, con dei rettangoli di fieno da impilare, ne prendo uno e lo seguo. E’ abbastanza pesante, ma non batte la mia valigia. Continuiamo così con una mezza dozzina. Poi lo raggiungo mentre rifornisce il trattore e ne impiliamo un altro po’.
Fatto ciò è l’ora di pulire i cavalli. J. prende degli insoliti attrezzi che non ho mai visto prima e mi affida il cappio del primo cavallo. Gli afferra le zampe, una alla volta e inizia ad accorciargli gli zoccoli. Questo non l’avevo mai visto fare. Penso che lo stia preparando per me, perché non viene montato da un po’. Poi mi passa una striglia ed io inizio a spazzolarlo. E’ davvero polveroso. Non posso pulirlo del tutto, perché dovrebbe prima essere lavato. Ma è comunque abbastanza pulito per essere un cavallo che vive in natura.
J. mi comunica che dovrebbe piovere, quindi cavalcheremo domani. Mi porta in macchina un po’ per la tenuta, deve sistemare il recinto che accoglierà gli animali. Io più che altro lo seguo e catturo con gli occhi.
Poi rientriamo a casa, per oggi non c’è più niente da fare. E sono solo le dieci di mattina.
Decisamente non mi sono guadagnata la pagnotta.
Gli chiedo dove posso trovare una scopa. Lui me la prende ed inizio a spazzare la camera da cima a fondo, quando ho finito passo all’ingresso (che J. chiama veranda). Poi è il momento dell’aspirapolvere. J. intanto prende dei secchi e inizia a pulire le pareti della stanza che sta tra la mia camera e la cucina. E’ un duro e lungo lavoro, ci mette sudore e fatica.
Io intanto aspiro tutte le ragnatele che posso, sono davvero tante e la stanza è enorme. Cerco di salvare la vita a tutti i ragni che non finiscono accidentalmente nel tubo della mia aspirapolvere. So che più tardi me ne pentirò, ma proprio non ho il cuore di ucciderli, scappano via, sono animali saggi. 
Mentre pulisco tutto per bene immagino di parlare con la ragazza tedesca, le dico che deve ringraziarmi, che solo pochi giorni prima non avrebbe messo piede nella stanza. In realtà ho anche paura che scappi via, quindi voglio renderle tutto il più piacevole possibile, ho assoluto bisogno che lei resti con me. E’ già la mia migliore amica. Le dico: -Tu sei la mia migliore amica, da ora in poi io sono tutto per te e tu sei tutto per me. Dobbiamo esserci l’una per l’altra.
Continuo il mio meccanico lavoro. La fatica si sente ed è tanta, non mi fermo, dopo l’aspirapolvere passo a pulire i muri , le porte e le serrande con delle pezze di pelo di pecora, che ogni tanto immergo in secchi d’acqua insaponata. I miei pensieri ora vanno a Gim, vanno a NY. Ogni tanto sento di non farcela, voglio che Gim vada a NY e raggiungerlo appena mi sarò rifatta della somma spesa fin ora. Poi mi chiedo se sarebbe meglio se ci rincontrassimo a Sidney.
Ogni tanto lo rimprovero per non essere venuto con me. Questo sarebbe il paradiso se potessi viverlo con lui. Poi invece mi chiedo se stia venendo a salvarmi.. Se stia comprando un biglietto aereo e presto sarà in viaggio verso l’Australia.
Mentre riordino trovo dei pantaloni da equitazione della mia taglia, ci sono in giro anche altre cianfrusaglie lasciate da altri ragazzi. Chiedo a J. se li posso prendere e se posso prendere uno di quei cappelli da CowBoy impolverati che si trovano sull’armadio. Mi dice che sono troppo caldi. Me ne da uno traforato. Mi porge anche altri pantaloni, marroni, taglia 40, ma mi fa vedere che sono lacerati tra le gambe. Gli dico che posso aggiustarli. Mi da ago e filo e li sistemo. Mi viene da piangere in cucina, senza poter sentire Gim, ogni tanto ho momenti di sconforto durante il giorno. Finito il rammendo lavo entrambi i pantaloni. Li stendo. Poi mi riposo un attimo. Guardo l’oroliogio: le tre passate.. Questo significa che sono passate le prime 24 ore.. Ora moltiplica per 30.. o per 88.
Torno alle mie faccende. Dopo aver finito con la mia stanza, passo alla veranda, e alla stanza relax di J.
Prima pulisco tutto con la pezza umida, ma vedo che è inutile. Perché c’è davvero troppa polvere. Quindi poi passo circa un’ora cercando di levare via le ragnatele con l’aspirapolvere. Quando incrocio lo sguardo di J. mi fa segno di smettere (indicando una gola decapitata), guardo l’orologio, sono le cinque e mezza. Ok nove ore di lavoro possono bastare. Non ho pranzato, ho mangiato solo un arancio e bevuto una tazza di tea.
Esco senza dire niente. Vado verso il laghetto. Mi sdraio su di un galleggiante, sembra fatto proprio per ricevere il mio corpo. Sopra di me cielo e nuvole. Il grande albero pieno di uccelli cinguettanti, l’acqua che mi culla, i cavalli che brucano nel prato. E’ tutto quello che mi serve. Penso a Gim e mi dispiace non possa sentirmi. Non può sentirmi. Non sta leggendo la quarta via, ne tantomeno si è mai sognato di fare meditazione. No non può sentirmi. Ma sono felice di aver qualcuno a cui dedicare i miei pensieri.
Ogni tanto qualcosa zampilla nell’acqua, ma non sono davvero in grado di capire di cosa si tratta.
Faccio un largo giro intorno alla casa, è il tramonto, scatto qualche foto.
Ed è di nuovo cena, la stessa della sera prima. La cosa non mi dispiace perché l’ho gradita, o meglio: ho più paura dell’ignoto..
Tento di fare conversazione . Indico le cartoline nella credenza, chiedo a J. se sono da parte di altri come me. Annuisce.
Qualche domanda sulle pecore V: -Le uccidi qui o le vendi vive? J:-Le vendo vive. V:-A quanti anni vengono vendute? J:-Attorno ai 6 anni. V:-Però fanno una bella vita.. In Italia non c’è tutto questo spazio..
J:-Parli qualche altra lingua oltre la tua? V:-No e tu? J:-No.
Ridacchia. E il nostro pasto è finito. Inizio a lavare i piatti, Mentre lui asciuga gli dico che il mio inglese è migliore quando non sono così stanca.. e quando bevo caffè.
Gli do la buona notte e mi ritiro in camera.
Scrivo un po’, sto meglio quando scrivo. C’è un odore davvero pungente, non so se sta piovendo. E’ lo stesso odore che c’è in bagno. Che sia l’acqua piovana ad emanare questo odore? Mi avvicino alla finestra e l’odore si fa molto più pungente. Si sta piovendo. E tanto. Man mano aumenta di intensità.
E’ ora di andare a dormire. Questa giornata è stata lunghissima. Sono stanca. Ci sono dei moementi, quando sono stanca, che sto bene. Stancarmi è tutto quello che posso fare, per poter dormire e sognare.
Riuscirò ad eliminare i pensieri negativi, riuscirò ad arrivare alle emozioni pure. Nient’altro che io e le mie emozioni.

10 LUGLIO.
La mattina inizia con la solita routine. Sveglia, porridge, seguo J. mentre da da mangiare ai cavalli. Indosso le mie galosce leopardate, perché il terreno è fottutamente argilloso, e ci si affonda dentro. Infatti quando piove non è possibile guidare.
Rientrati J. inizia a dipingere la stanza che aveva pulito il giorno prima. Mi da un pennello e mi spiega come coprire dei buchi nel muro con la vernice bianca. Sto due ore ad aiutarlo, ma non gli piace il mio metodo. Quindi mi sbologna.
Sono solo le dieci e devo fare qualcosa. Passo qualche ora a deragnizzare la cucina e le sue spezie accumulate da una vita. Non butto niente, cerco di rimettere tutto al proprio posto.
La mattina passa lenta, tra le faccende domestiche.. così come il primo pomeriggio.
Sono le tre e mezza quando esco a farmi un giro. Tutto quello che arrivano a vedere i miei occhi, in ogni direzione, è proprietà di Delacourt.
Credo che la mia macchina fotografica sia rotta, provo a fare qualche scatto, ma si continua a spegnere.. Questo mi lascia del tutto indifferente. Forse c’è un motivo se mi trovo in questo posto incontaminato.
Guardo i cagnolini. Si scambiano un mare di amore. Sono cinque, quattro cuccioli di sei mesi e la mamma. J. gli slega a turno. Loro si baciano e si salutano. A volte litigano. Il loro passatempo preferito è spaventare i cavalli.
Faccio una passeggiata. Il terreno bagnato rende lenti i movimenti. Arrivo ad uno dei cancelli, da cui riesco a vedere le mucche in lontananza. Inizia a pioviccicare e mi affretto a tornare a casa. Cambio i pantaloni infangati e mi siedo sul patio. I corvi sembrano bambini che piangono, talvolta streghe che ridono.
Non c’è un istante di silenzio.
Ci sono degli strani uccelli grigi con la cresta che prendono il volo uno dopo l’altro e quando sbattono le ali fanno uno strano cinguettio.
Da quello che ho capito le cose qui funzionano così: quando ci sono dipendenti, circa tre volte l’anno, si raduna il bestiame, si conduce fino a dei recinti, si marchia e poi qualcuno viene a prendere il bestiame che va venduto. Il resto torna nuovamente in libertà.
Mentre faccio di queste riflessioni J. riceve una chiamata di Rosie, ma è fuori e risponde la segreteria.
Mi porge un post-it con il numero di Rosie e mi dice di richiamarla.
Il mio primo contatto umano, oltre J., dopo giorni. Ovviamente e mia madre che le ha chiesto di chiamarmi, la rassicuro e le spiego un po’ come vanno i miei giorni. Sono felice di sentirla, perché sono felice di far sapere a mia madre che sto bene. E’ una grossa preoccupazione che ho il piacere di levarmi.
Dopo la chiamata me ne sto lì a riflettere sul patio, guardando il tramonto ancora un po’, fino a quando non è il momento di cenare.
Zuppa, di legumi e cereali, e tanta carne, che sono bene attenta a non pescare col mestolo.
La cena passa silenziosa e un po’ frustrante, J. se ne sta zitto a fissare le spezie. Quando finisco di lavare i piatti torna con dei documenti da compilare. Sono stata approvata. Ed assunta ufficialmente.
Improvvisamente perdo il senso di inadeguatezza che mi aveva portato questa giornata di pioggia.

11 LUGLIO.
Questa mattina è tutto più armonico. Tutto sembra avere il proprio ritmo. Chiedo a J. se posso aiutarlo a dipingere, ma consapevole della risposta negativa. Inaspettatamente però mi sta già bollendo le spugne per pulire il frigorifero. Questo mi rende felice, mi fa capire che sta apprezzando il mio darmi da fare.
Finito il frigorifero, in cui non c’erano poi tanti insetti stecchiti, ma delle dubbie chiazze di sangue.. passo a pulire la credenza in cui ci sono tazze e bicchieri che usiamo tutti i giorni. Li lavo tutti, tolgo le ragnatele, insomma faccio del mio meglio.
Durante la mattina sia io che J. facciamo tante pause spuntino, caffè, tea.
Bene o male tutte le cose in uso sono state pulite in cucina, quindi passo al bagno.. Qui tutti i saponi sono in quantità industriale e si aprono con rischiose manovelle.. rischiose nelle mie mani.. infatti faccio per chiudere quella con il sapone verde, ma non ci riesco.. e ne verso una quantità industriale. Mi sento decisamente in colpa e cerco di far sparire le prove.. Arrivo per fino a ripulire vecchie galosce di altri backpackers.
Quando incrocio J. vedo che ha iniziato a pulire le pareti della sua stanza relax. E’ sulla scala quindi mi chiede di sciacquargli una canottiera bianca, ogni volta che è necessario. Io resto nella stanza, perché c’è molto da fare per entrambi. Mentre lui si occupa delle pareti, che mano a mano tornano ad essere color verdemare, io pulisco i libri di tutte le librerie, elimino gli insetti morti e le ragnatele. Trovo anche un teschio di geco in una libreria. Quello decido di tenerlo. La musica detta il ritmo dei movimenti, pulisco sei libri, risciacquo il panno. Così fino a che le pareti sono tutte pulite e io ho rinfilato ogni libro nei propri scaffali.
J. si cambia e mi dice che fa un giro per la proprietà. Penso per testare il terreno, supponendo che sia ancora bagnato, non so.. ha detto testare ma non so bene cosa.
Usciamo e mi coglie un fiorellino viola. Sorridiamo., lo apprezzo molto.
Lega il cagnetto più scuro (che ha notevoli favoritismi.. devo ammettere che è il più carino, poi ogni volta che viene slegato per prima cosa corre a salutarmi..) e ne slega altri due.
Solo uno però monta in macchina con la madre e ci accompagna nel nostro giro. Questi canetti sono fottutamente agili e grintosi, anche se magrolini. Siamo tutte un po’ denutrite noi bestie di J. (la mia magrezza però non è una sua colpa).
Non mi ero ancora resa conto di quanto fosse infinito l’infinito Ranch Delacourt fino ad ora. Viviamo una vera e propria puntata di National Geographic dal vivo. Tra emù, canguri, fenicotteri, falchi, pecore e naturalmente migliaia di mucche.. vengo finalmente a conoscenza di quanto duro sarà il lavoro che mi attende. Di quanto tre mesi di equitazione dieci anni fa, non possano avermi preparato adeguatamente a tutto questo (sono un po’ ansiosa della reazione di J. di fronte alla mia incompetenza). E nonostante tutto questo.. a quanto non vedo l’ora di montare su quel fottuto cavallo e vivere da Cow Boy.
Oltre a questo scopro davvero quanto siano stupide mucche e canguri.. ora capisco perché ci sono così tanti canguri stecchiti per la strada che porta alla tenuta.. Quando passi con la macchina loro si buttano semplicemente sotto le ruote per scappare (per fortuna J. è abile e non ne uccide nessuno).. C’è un motivo per cui gli erbivori sono gli ultimi nella scala gerarchica..
Questi ragionamenti non mi rendono comunque meno vegetariana.. sono ancora fermamente convinta di tornare a non mangiare carne una volta uscita dall’Isola.
Sta sera è finalmente il mio turno di cucinare. E pasta sia. Al sugo. Non ho altra scelta, sono italiana e quindi mi tocca cucinare la pasta al sugo. Ed io cerco di farla al meglio, anche se ho un sugo inglese in scatola, di quelli con basilico e origano, che non hanno bisogno di essere cucinati più di 5 minuti.
Inizio facendo soffriggere un pezzo di carota e mezza cipolla tritate, insieme ad uno spicchio d’aglio, a fuoco basso, per un quarto d’ora abbondante, poi aggiungo un dado di burro, il barattolo magico di tomato, e più o meno 100 ml di latte, per addolcire ulteriormente.
Cuocio per altri 6,7 minuti. Poi spengo ed aspetto che bolla l’acqua.
Spaghhetti. Sarà.. proviamo.. Il risultato non è male, si avvicina abbastanza ad una pasta al sugo e sono riuscita a camuffare il sapore del sugo precotto. Il responso di J. è “Very Good!”.
E poi, all’improvviso, succede il miracolo. Il mio telefono, che avevo usato come timer per la pasta, lì, vicino al fornello, inizia a strombettare. Il suono di decine di messaggi tutti insieme.
E nel momento in cui provo a scrivere “amore tutto bene, sono viva!”.. semplicemente, con il 38% di batteria.. insomma, abbastanza carico.. si spegne. Quindi mi è sempre più chiaro che è assolutamente il destino a non volermi fare avere contatti con il resto del mondo.
E così sia.

12 LUGLIO.
Fino ad arrivare al giorno in cui un cazzo di toro mi spacca i denti.. Ma partiamo dall’inizio.
Mi alzo prima del suono della sveglia e alle sette stiamo già mangiando il nostro porridge.
Dopo un breve giro in macchina torniamo a casa e J. inizia a strigliare il suo cavallo, io faccio lo stesso col mio.
Li selliamo e J. li fa salire sul furgone (sul trasportino.. come si chiama quello per i cavalli e non per gatti?)
Io entro a cambiare i pantaloni, sono uscita con quelli da lavoro, ma ho bisogno di indossare quelli per cavalcare.
Ok, non ci fermiamo lontano, e montiamo i nostri cavalli. Ci salgo su facilmente, senza bisogno di aiuto (il mio cavallo non è altissimo). L’inizio è un po’ titubante. Il cavallo ed io abbiamo bisogno di conoscerci l’un l’altra. Quando cerco di assestare la presa con le gambe lui parte al galoppo ed io non sono affatto preparata per questo.
J. mi fa mettere davanti, a condurre la mandria. Quando capisco come fare per non far partire il mio cavallo come un pazzo, tutto fila liscio.. eccetto quando i cagnetti abbaiano senza motivo e fanno correre le mucche.
Vediamo un po’ di canguri. Il sole è pungente, ma per l’ Out Back non è una giornata così calda.
Alla fine conduciamo la mandria in un recinto. La fatica è tanta, ma mi aspettavo che l’entusiasmo fosse maggiore, invece non mi sento poi al settimo cielo.
Torniamo a casa e mangio dei toast col formaggio, sono stanca ed ho fame.
Dopo non molto J. prende degli strani aggeggi bianchi, che capisco subito essere percing per le mucche. Ok, andiamo a forare qualche lobo!
Io ho tolto il Cap ed ora indosso il cappello da Cow Boy che mi ha dato J., con la camicia con le scene di caccia inglese, la mia preferita.
Prendiamo il furgoncino e si parte.
Il lavoro è più o meno questo. Si conducono le mucche in un tunnel, diviso da vari cancelletti per separare le mucche, il primo dei quali ha un’apertura che va chiusa velocemente attorno alla testa della mucca, cosicché quella stia più ferma possibile, mentre gli viene forato l’orecchio.
Ok, il lavoro è monotono, si devono semplicemente condurre queste stupide bistecche nel tunnel, ancora e ancora.. Qualcuna oppone resistenza, ma se un cagnolino riesce a spaventarle, non credo sia poi un dramma. Non provo molta pena perché io ho forato, inciso e tatuato il mio corpo davvero tante volte.. però capisco il loro spavento..
Non è passato molto, quando mi trovo ad avere a che fare con un’altra mucca rompiscatole che non vuole entrare nel tunnel. E’ l’ultima della fila, io mi avvicino per farla proseguire, spingendo il cancello dietro di lei, cosicché sia costretta ad avanzare.. E quella bastarda, grande figlia di puttana, scalcia con tutta la sua forza il cancello contro la mia faccia. Mi fa partire tre denti.. gli incisivi, è naturale! Mi ritrovo a terra incredula e disorientata. Inizio ad elencare tutte le parolacce che mi vengono in mente, mentre mi allontano, con la mano davanti alla bocca.. le gengive sanguinanti.. Ed ho l’aspetto di un vero Cow Boy.
Ok ora però sono davvero spaventata, me ne sto lì seduta nel furgoncino, guardandomi allo specchio, sputando sangue e chiedendomi “perché, perché anche questa!”. Dopo un quarto d’ora torno a fare il mio lavoro di apertura e chiusura dei cancelli. Questa volta mi tengo a distanza ed il mio rendimento ne risente. Capisco di non poter fare questo un’altra volta. Non voglio fare questo un’altra volta. Ovviamente in tutto ciò mi accorgo anche che quella è una fottuta mandria di tori e non di mucche, non c’è nemmeno una cazzo di mucca. Bene.. saperlo prima magari sarei stata più prudente. Un cazzo di toro mi ha sbattuto un cancello in faccia e per me con questo ho chiuso.
I miei cazzo di denti mi costeranno parecchio. Mi ritrovo qui, squattrinata, costretta a lasciare il lavoro, senza nessun risarcimento.. senza denti, con la macchina fotografica di merda rotta, attonita e senza parole.. ma costretta a fare due più due. Devo fottutamente andarmene di qui.
Torniamo a casa, dalla violenza con cui sbatto le porte alle mie spalle capisco di essere molto incazzata. Mi faccio una cazzo di doccia, poi mi sdraio sul letto. Non ho soluzioni.
J. mi chiama, mi dice “Andiamo, selliamo i cavalli”, io gli rispondo.. “Mi dispiace non posso fare niente.”
Lui risponde “All Right!”.
Quando rientra gli comunico che non posso più restare. La mia voce trema. Lui è dispiaciuto. Ci abbracciamo. Un lungo e sentito abbraccio, in cui ci trasmettiamo stima reciproca. Mi dice che sono una brava ragazza.
Domani partirò con l’auto per Brisbane. Pronta al peggio, perché al peggio non c’è mai fine.. (purtroppo al peggio non si è mai veramente pronti)....

Sto meglio, mi sono calmata ed in qualche modo mi trovo anche sexy con i denti rotti, forse perché ho le labbra gonfie.. Comunque non posso rimanere in questo stato, più che altro perché non posso masticare, con gli incisivi spezzati e senza un molare, c’è davvero poco da fare..
Lascio dei post-it alla nuova ragazza, sperò che li apprezzerà e che l'aiuteranno a superare lo shock iniziale. Poi vado a letto.




venerdì 6 luglio 2012

In cui sbarco a Townsville e la trama si infittisce..

Devo essere davvero stanca. Mi addormento sulla moquette dell'aereoporto di Melbourne, Tullamarine. Dopo parecchi pisolini salgo finalmente sul mio volo, con scalo a Brisbane.
Mi riaddormento immediatamente e al mio risveglio siamo decollati e stanno servendo la colazione.
Niente a che vedere con China Eastern Airlines, qui succo di vera frutta al 99%, non come l'aspirina cinese; oltre a delle albicocche secche, e un muesli di cereali con frutta a pezzetti.
Passo gran parte del volo dormendo, come mia abitudine: sarà anche perchè l'aereoporto di Melbourne non è il posto più confortevole dove passare la notte..
Salgo sul secondo aereo, il mio posto ovviamente è di fianco all'ennesimo ciccione, che non entra nel suo sedile ed è costretto ad invadere il mio spazio. Così è la vita.
Dopo un cokies pieno di burro, la versione australiana del caffè (decisamente molto annacquata) e centinaia di kilometri di paesaggi incantati.. atterriamo a Townsville.
L'unico modo per uscire dall'aereoporto è in Taxi.. Perfetto. Una fila interminabile di persone prima di me mi da modo di scoprire che, in questa parte del mondo, ci si siede di fianco al guidatore. Finalmente il mio turno e vengo portata all'ostello.
Qui si apre una grande, immensa, parentesi. Ora, per quella che è la mia esperienza, gli ostelli sono posti da poveri, sporchi e fatiscenti.
Questo posto invece.. non ci sono parole per descriverlo.. dico solo che nella sala comune (suddivisa in vari, ampi spazi, sia interni che esterni) c'è una scacchiera, dipinta sul pavimento, le cui pedine mi arrivano al ginocchio. Per non parlare dei mosaici di marmo nelle docce, del fatto che vedo palme e piscine dalla finestra della mia stanza e che tutti sembrano dei Cyborg. Stanno lì leggendo e cucinando cibo vero, non di quello che si cuoce nel microonde in 2 minuti.. Nel più totale silenzio. Qui regna la pace.. E questo mi inquieta enormemente.
Temperatura media di 24 gradi, vado al mare, passando per meravigliosi parchi tropicali, con alberi mai visti, pieni di liane. 
Sul lungomare in tanti sentono il bisogno di guardare di sottecchi i miei tatuaggi.. cosa che trovo molto bizzarra perchè qui la metà della popolazione maschile è composta solo da energumenti tatuati (quella femminile da neomamme di tutte le età).
Quando decido che di spiagge e occhiatacce ne ho abbastanza, tornando verso l'ostello, resto incantata a guardare il più piccolo uccellino verde che abbia mai visto, con un becco lungo lungo.. Un tipo tutto tatuato mi coglie di sorpresa, approfittando del mio momento di debolezza si ferma e inizia a parlarmi di tatuaggi, mi fa vedere tutti i suoi disegni e decide di accompagnarmi durante il mio girovagare.
Dal momento che non riesco a trovare un modo per congedarlo garbatamente, ne approfitto per fare un po' di conversazione. Ne esce fuori che nel Ranch dove andrò a lavorare si coltivava Marijuana, ma poi qualcuno è stato arrestato.
Adesso devo ammettere che il mio interlocutore è proprio una persona dubbia, ma questa notizia comunque mi lascia un po' perplessa. Se c'è un fondo di verità... speriamo ne abbiano tenuta un po' da parte..
Che altro aggiungere.. I miei nuovi compagni di stanza sono una coppia di irlandesi, che però parlano in maniera chiara e comprensibile.. e c'è anche un tedesco. Questa volta sono in un dormitorio misto.

giovedì 5 luglio 2012

..in cui realizzo che sarà un avventura piena di Good Bye.

Mi sono affezionata alla vita nell'ostello, devo ammetterlo. I crampi allo stomaco mi segnalano che sono agitata. E più si avvicina la mia partenza, più diventano insistenti.
Devo però essere sincera, Melbourne mi ha dato tutto quello che poteva offrirmi al momento, ma sento che è ora di andare. 
Le ultime giornate sono state molto ripetitive e stancanti. Con la partenza della nuova coppia di francesci e con l'internship di Michel, Olivier e Thomas n°2; siamo rimasti solo io e Thomas, che come me aspetta di iniziare un lavoro; come me non ha soldi da spendere e come me di stare a Melbourne senza fare niente non ce la fa più.
Inutile fare un resoconto delle giornate, sono tornata nei posti che preferivo e sono stata con le persone con cui avevo piacere di stare.
Ora mi trovo qui, che sto per salutare l'ostello, convinta che quello con Melbourne non sia un addio e speranzosa che quello con i miei nuovi amici sia un arrivederci.
Ripenso a tutte quelle piccole cose che mi hanno fatto sorridere e a tutte le persone con cui ho condiviso esperienze. Alle cose non menzionate, ma che fanno comunque parte della storia (come l'abitudine dei francesci di scassinare il distibutore di Skittles; o alla volta in cui le mie compagne di stanza mi svegliano alticce, quella più gentile sale sul mio letto e mi abbraccia, l'altra mi chiede come mi chiamo.. dopo due settimane.. e mi costringono a bere del Goon alle 2 del mattino..
O ancora a quanto mi piace sentir parlare i francesi, J'Adore.. 
Poi non ho mai menzionato Ravi, che nonostante il nome non lo lasci intendere, è un ragazzo veneto, che quando parla si dilunga un sacco, ma che ho ascoltato volentieri..
O la ragazza austriaca che sta facendo il giro del mondo, ma che considera la Great Ocean Road solo una strada..
Va bene.. prendo le mie cose, saluto tutti. Domani è un altro giorno.

martedì 3 luglio 2012

Un nuovo giorno, inizia la mia seconda settimana.
Ok, per prima cosa sblocco il telefono. Poi i francesi decidono di andare allo Zoo e, mio malgrado, mi aggrego anche io. 
I francesi si chiamano Michel, Thomas, Thomas n°2 e Olivier, ma in realtà ho confidenza solo con i primi due, gli altri sono un po' nerd.
Sono titubante, avrei preferito vedere canguri e koala in natura e non dietro delle sbarre. Arrivata allo Zoo vedo che gli animali sono tenuti in ampi spazi, comunque vedere le tigri così denaturate, che fanno avanti e indietro nelle loro gabbie è molto triste.. La compagnia dei miei amici invece è piacevole.
Tornata in ostello ricevo la chiamata di Jim Conroy (l'ho contattato precedentemente rispondendo ad un annuncio che diceva solo "Horse Person", sul sito Seek.com.au). Mi parla un po' del lavoro, dice che è duro, mi chide per quanti anni ho fatto equitazione.. rispondo tre!?!, ok, non è del tutto vero.. Mi dice che la paga è 500 dollari a settimana, cibo e alloggio inclusi. Mi chiede se ci voglio pensare. - No non ci voglio pensare, devo solo aspettare il mio tax file number, ma non ci voglio pensare. Voglio farlo.
Ci salutiamo.
La sera vado a letto presto. Per il giorno dopo ho prenotato il tour per il Great Ocean Road con Myro (il ragazzo indiano.. si ora so il suo nome e so che è indiano).
Mi sveglio davvero presto, ho il pick up alle 7.25 a St. Kilda Road, ci vogliono circa 20 minuti per arrivarci.
Il tempo è uno schifo, piove. Ci vengono a prendere presto, ma dobbiamo aspettare 30 minuti per colpa di un' indiana ritardataria. Siamo gli ultimi a salire sul pulmino. Ci guardano tutti male.
L'autista è anche la guida del nostro tour. Inizia subito a fare dell'humor spiccio, a raccontare storie, parlando davvero velocemente e con un forte accento australiano. Il pulmino è merdoso, è scomodo, il vetro si appanna e devo pulirlo ogni minuto per poter vedere di fuori. Myro comunque è molto entusiasta. 
Ci fermiamo per una prima tappa molto bagnata, l'autista ci offre tea e caffè da dei termos.
Il panorama è splendido, nonostante il vento e la pioggia ci sono centinaia di surfisti che cavalcano le onde. La sosta è abbastanza breve. La seconda sosta è ugualmente breve e ugualmente bagnata. Ma per me, molto più bagnata della precedente, perchè decido di scendere in spiaggia per fotografare il mare.Pessima decisione. Mi avvicino un po' troppo ed un onda mi sommerge totalmente le scarpe. Bene, merda. Sono all'inizio della mia fantastica giornata con i piedi completamente bagnati, e c'è un freddo pazzesco, per non parlare del vento. L'acqua però è calda, ma questo non mi consola. Ok, un pescatore ride della mia disavventura, io resto semplicemente inebetita.
Salgo sul pulman e mi tolgo le scarpe per scoprire l'entità del danno. Non c'è rimedio. 
La tappa successiva è una riserva dove si possono vedere Koala in natura. Continua a piovere. Ne vedo tre, più un mucchio di pappagalli colorati. 
Tutte le tappe continuano ad essere piovose e ventose, i finestrini continuano ad essere appannati. 
L'oceano è bellissimo, i miei piedi sono gelati. 
Mangiamo in un posto abbastanza triste, un pasto abbastanza triste. Poi Myro mi offre metà di un dolce glutine-free ma fatto con della buona frutta secca. Ok sto un po' meglio, inizio ad asciugarmi un pochino.
Passiamo per la Rain forest. Credo l'esperienza più piacevole del tour, se non fosse che c'è rumore d'acqua continuo, pioggia e ruscelli e io faccio davvero fatica a trattenere la pipì. Dicevo la rain forest, una foresta tropicale, con alberi giurassici.. veramente un posto unico al mondo, ma molto diffusa in tutto il territorio australiano.
In pulman sono per lo più concentrata a capire se fa più freddo con o senza scarpe e fuori dal pulman il mio pensiero è tutto: come fare a far fotografie decenti, con il vento contro, cercando di non volare via e con la dannata pioggia (quindi mi scuso se le foto sono sfocate).
Ai Dodici Apostoli il viaggio si avvicina alla fine. E' molto bello e suggestivo, ma piove davvero tantissimo e il vento è inaffrontabile. Ombrelli rotti a terra e giapponesi vestiti da preservativi sui sentieri. Ho seriamente paura di volare via e mi chiedo se ci sia qualche possibilità che questo possa accadere realmente. Oltretutto quando cerco di scattare foto, semplicemente il vento mi costringe ad indietreggiare e mi fa perdere l'equilibrio. Facciamo per tornare al pulmino, ma non lo troviamo più. Proprio in quel momento Dio decide di scatenare l'inferno e il più feroce degli acquazzoni si abbatte su di noi. Quando troviamo il nostro pulman i miei pantaloni sono bagnati fino all'attaccatura delle cosce.
Altre due tappe come questa e decido che per me è abbastanza. L'ultima tappa è così ventosa e fredda che non scendo dal pulmino.
Comunque nonostante tutto trovo la giornata tanto stancante quanto piacevole.
La sera, dopo una doccia calda, passo un po' di tempo con i francesi, tra i quali c'è anche Sonya, una ragazza che parla molto bene italiano, (che ho conosciuto il secondo giorno, ma che mi sono dimenticata di menzionare). E' arrivata anche una nuova coppia, che diventa subito parte del gruppo.
Il giorno dopo la tempesta piove ancora. Fa ancora freddo... e spacco il mio computer. 
Si spacco il mio computer. Cioè non porprio tutto il computer, solo lo schermo. Comunque questo basta a devastarmi.
Quando ritrovo la forza di vivere lo infilo dentro il mio zaino, e sommessamente affronto St. Kilda Road con il fardello sulle spalle, arrivando ad un Pc Medicare, che mi spilla 390 dollari per la riparazione. Purtroppo non posso farne a meno, non vivo senza (ho anche pensato di comprarne uno nuovo, ma non posso convivere con la tastiera australiana, è troppo diversa).
Il pc rotto mi devasta davvero, passo il resto della giornata in compagnia di Thomas e della nuova coppia di francesi, da cui apprendo qualche trucco sulla vita da poveri (ad esempio dove comprare cibo indiano precotto, con l'offerta tre pacchi per 6 dollari). 
Sto prendendo atto della mia povertà. Le mie finanze iniziano a scarseggiare. Devo decisamente cambiare tenore di vita. 
Vado a letto presto, sono troppo devastata. Ho anche finito completamente il credito al cellulare. 
Oltre il danno la beffa.
Mi sveglio.. ancora troppo presto. Resto nel letto ad aspettare le 8.00 per poter scendere a fare colazione.
In mattinata ritiro il mio pc, sono ancora amareggiata per questa storia del pc rotto. Decido di fare una lista dei soldi spesi fin'ora. Ok la somma è sconcertante. Davvero. Ho speso circa 1700 dollari in poco più di 10 giorni. Gli altri backpackers vivono mesi con la stessa cifra. Com'è possibile. Ho bisogno di darmi una regolata. 
Decido di comprare il volo per Townsville, prima comincio il lavoro e meglio è.
Passo un altro pomeriggio con i francesi. Vogliamo andare a vedere i pinguini sul pontile al tramonto.
Questa volta mi insegnano che il cappuccino da 7eleven costa solo un dollaro, questa per me è una specie di rivelazione. Ho davvero bisogno di imparare come si risparmiano soldi.
Sul pontile i pinguini ci sono e sono tanti, fanno strani versi. Ci sono anche degli strani ratti d'acqua con le code bianche, una specie protetta tipica di questa zona.
Con noi c'è anche un ragazzo neozelandese. Tornati sulla terra ferma troviamo uno stand che regala tea Lipton al latte, uno strano miscuglio, che sa di cannella, ma è caldo e gratis.. quindi lo beviamo con piacere.
Con i francesi sto davvero bene. C'è sempre un fondo di serenità nel mio cuore, anche quando fa freddo, non ho soldi, il mio pc si rompe, sono stanca, ho il vento contro e la pioggia neglio occhi, sto semplicemente bene. Mi sento felice, forte e non mi scoraggio.
Mi aspettano dei mesi duri, sempre se riesco a non perdere il lavoro.. Ma sono viva, sto bene. E l'affronterò giorno per giorno.